Il racconto è presente alla mostra a Villa Argentina, Viareggio, nell'ambito del progetto "Spessosottile"

  • Il mio racconto "Padre e figlio. Le infinite sfumature dell'attesa" è presente a Villa Argentina Viareggio, nell'ambito del progetto "leggere e scrivere Spessosottile" dal 27 ottobre al 18 novembre.
  • L' 8 novembre alle ore 17.30: Incontro con gli scrittori esposti e breve visita guidata alla mostra.

Evento Facebook: http://hyperurl.co/conlu4

Partendo dal presupposto che il libro è un’opera d’arte a tutti gli effetti, sia per contenuto sia per forma, si è ritenuto interessante raccontare una collana editoriale, che fa capo al progetto “Non leggi spesso? Leggi sottile”, attraverso un percorso tematico. Le copertine di quarantotto libri di vario genere, tutti sotto le quarantotto pagine, sono esposte in una collettiva originale.

 

Per info:
www.giovaneholden.it
ufficiostampa@giovaneholden.it

 

 

 

  Padre e figlio potrebbe essere definito un racconto sul Tempo. Il Tempo è una categoria soprattutto mentale di difficile definizione, è tutta dentro ciascuno di noi e del tutto soggettiva. Eppure una sola cosa ci accomuna: la percezione di precarietà della vita. Sembra che dal momento in cui ci apriamo alla vita, tutto sia destinato a correre in avanti, inesorabilmente, verso un abisso, di cui non sappiamo nulla.Vorremmo fermare questa corsa pazzesca, vorremmo sostare e attendere, ma cosa? Ci resta la speranza di qualcosa di perenne.Che cosa può essere? A cosa ci potremmo aggrappare? Creiamo illusioni, sogniamo mondi impossibili.Tuttavia  ciascuno di noi aspira a questo qualcosa, che dovrà pur accadere. E se non a noi, potrà accadere ai nostri figli!Ecco allora, è lì il segreto, nel padre che genera per sperare nel futuro.Si ama una donna per mettere al mondo un figlio, perché il figlio deve garantirci il futuro. E nel futuro noi possiamo esercitare l’attesa. Perché tutta la vita, come in maniera incisiva ha detto Pessoa, è solo attesa, lunga o breve che sia. Il figlio ci garantisce la sua eternità.Ma sarà così?Perché ciò accada, il figlio deve corrispondere alle nostre aspettative. Sarà il figlio la nostra stessa impronta vitale? O anche questa è una pura illusione e ci rendiamo conto che è tutto inutile, una speranza di eternità che non si avvererà mai?Il figlio potrà a sua volta attendere.Pure questo succede: non è solo il vecchio che spinge in avanti il suo tempo, perché la speranza sta svanendo. Anche il giovane, il figlio, nella sua inesperienza e con le sue contraddizioni per una vita che pulsa, si pone in attesa.Sarà l’attesa per un padre che è svanito dall’orizzonte del suo presente, perché non si è capito che la vita va vissuta sul momento e l’amore va esercitato nel presente.Ma i figli a volte sono ottenebrati dalle loro ossessioni e non resta che soccombere all’inevitabile che è e resta un “attendere”.Si cercano pretesti per illudersi che la realtà sia diversa.Si cercano corrispondenze che nella vita crediamo di cogliere e non sono altro che proiezioni di un nostro mondo interiore tormentato.La nostra proiezione ci inganna, e gridiamo all’imbroglio per ciò che è solo frutto di nostri turbamenti.Il racconto alla fine vuole anche dirci che la carenza della comunicazione interumana, l’assenza di capacità di ascolto, creano situazioni estreme, per cui ci convinciamo definitivamente  che grazie alle nostre illusioni le attese ci sono utili per riempire quel vuoto che ci portiamo dentro e che noi stessi abbiamo prodotto  chiudendoci alla bellezza di relazione con chi ci sta accanto.

 

 

 

In un’afosa mattinata d’estate un giovane cammina per le vie della sua città fino al parco, qui si siede su una panchina umida e sporca incurante di tutto. I suoi pensieri sono rivolti alla compagna che l’ha abbandonato senza una spiegazione. Per lei era stato disposto a tagliare i ponti con la propria famiglia che osteggiava il loro rapporto. Triste, infelice e apatico osserva coloro che si muovono intorno a lui: bambini che giocano, giovani coppie a passeggio. Finché non gli si avvicina un vecchio che si siede proprio sulla stessa panchina. Chi è quell’uomo? E perché subito si mette a fissarlo intensamente con occhi malinconici e poi lo abbraccia stretto chiamandolo figlio?
L’attesa ha moltissime sfumature di luce e di speranza. Quella di un padre sono infinite, non possono mai identificarsi in un solo colore, perché è la vita stessa che non lo permette. Il padre investe in un figlio, il padre vede nel figlio la sua immortalità, e si sbaglia. Perché quella immortalità non gli appartiene, per cui non resta che attendere, come avviene nella vita di ciascuno di noi.
Un racconto in bilico tra sogno e veglia, a tratti grottesco e forse proprio per questo disarmante.